Economia ed Altro
11. Gi investimenti pubblici sono nella direzione e misura giusta?
02/01/2022
Questo articolo prende spunto come non mai dall'osservazione della realtà quotidiana e prescinde come avvenuto in articoli precedenti da leggi economiche note che in base a qualche paradigma spiegano il comportamento dei soggetti economici, sia essi individui si essi entità giuridiche.
Alla base di provvedimenti di stimolo dell'economia di una comunità dovrebbe esserci prima di tutto la conoscenza della demografia di essa o di particolari comparti a cui gli incentivi si riferiscono e dei comportamenti prevalenti dei soggeti coinvolti.
Prendiamo l'esempio di quanto sta accadendo da un paio di anni (oggi 1 Gennaio 2022) nel settore dell'edilizia, da sempre è ritenuto un pilastro dell'economia italiana, e delle filiere collegate che non sono poche.
I bonus finanziati dallo Stato nella forma della cessione del credito, sconto in fattura o detrazioni in dichiarazione e che vanno dal 110 % al 50% ( a seconda dei lavori scelti dai condomini o singoli proprietari di immobili civili) hanno raggiunto un uso e diffusione che ha superato ogni forma di aspettativa.
Parte dell'agevolazione viene posta a carico delle casse statali che pagano sotto varie forme agli imprenditori edili l'intero corrispettivo mentre i proprietari (i beneficiari dei lavori) pagano solo una quota minima (generalmente il 10% o 50% o niente se si stratta di ecobonus agevolato al 110%) a seconda appunto del lavoro scelto.
Qualche sedicente economista ha goduto della normale ripresa economica conseguente soprattutto a questi bonus che si è avuto nel 2021, qualcun altro però si è reso conto che i benefici non sono così vasti come dovevano essere, considerata l'entità degli incentivi, e ha suggerito ed "ottenuto, nella proroga degli incentivi fino al 2024 la riduzione della percentuale finanziata (ad esempio per il bonus facciate di passa dal 90% al 60%).
Alcuni inoltre obiettano l'elevato numero di frodi che si sono scoperte da parte dei soggetti coinvolti dal bonus che hanno gonfiato i prezzi in fattura pe farsi rimborsare/finanziare una parte maggiore del dovuto.
Un altro aspetto rilevante di cui non si è tenuto conto nel prevedere questa massiccia forma di agevolazioni al comparto edile è l'inflazione da domanda (oltre a quella conseguente ad altri fattori che si sta registrando worldwide) che si sta avendo sul prezzo dei materiali impiegati che fa sì che un lavoro che ad inizio periodo di bonus veniva "prezzato" in un certo importo dopo un anno viene prezzato almeno un 30% in più, con conseguente maggiore sforzo economico non solo dei condomini/proprietari richiedenti i lavori ma anche per le casse statali.
Da queste considerazioni deriva che la parte che lo Stato dovrà versare e recuperare successivamente con le politiche economiche sarà maggiore e potrà determinerà un aumento dell'imposizione se non vi sarà una adeguata crescita del PIL nella misura sperata conseguente al pacchetto di stimolo imponente che i governanti hanno investito nell'edilizia civile.
Entriamo ancora di più nel nocciolo della trattazione.
Come affermavo prima nelle prime righe di questo articolo, ogni provvedimento economico dovrebbe essere tagliato su misura del comparto a cui si riferisce altrimenti nel medio termine si paga un prezzo alto proprio ai danni dell'economia.
Sarò più specifico.
Tutti noi sappiamo che tanto più alta è la propensione marginale al consumo tanto più i "denari" rivolti ai soggetti beneficiari dei provvedimenti di stimolo ritornano in circolo nell'economia con tanto di effetto a cascata.
Partendo da questo semplice assunto economico e rientrando nello specifico nell'argomento degli stimoli all'edilizia, parte importantissima del meccanismo di ritorno degli stimoli concessi nel circuito economico sono i lavoratori interessati che salirebbero di numero e anche a livello di retribuzione complessiva individuale vedrebbero un aumento.
Ne conseguirebbe, proprio per il discorso relativo all'alta propensione marginale al consumo applicabile perfettamente ai lavoratori edili (non di certo considerati ricchi che hanno una propensione marginale al consumo tale che i loro comportamenti di acquisto sono quasi insensibili a misure di stimolo), che l'effetto desiderato dovrebbe essere un aumento degli acquisti con i benefici per la collettività prima accennati.
Ma siamo proprio sicuri che questo avverrà nella misura sufficiente ad evitare un contributo importante all'aumento dell'imposizione fiscale negli anni successivi?
NO.
La caratteristica demografica del comparto edile è la composizione in grandissima parte di persone di origine extra-Ue che hanno la radicata abitudine di rimettere una parte dei guadagni alle famiglie ancora residenti nei Paesi di origine.
Questo comporta che molto del denaro percepito per i lavori in oggetto e agevolati così massicciamente non torna in circolo nell'economia italiana ma viene dirottato altrove.
Le conseguenze sono quindi facilmente deducibili.
E' una supposizione non provata? Un'argomentazione da bar dello sport? Oppure una riprova della sacrosanta asserzione che alla base di un pacchetto economico di stimolo specifico deve esserci una conoscenza approfondita dei soggetti coinvolti e dei loro comportamenti?
Per rispondere a ciò allego un link che dimostra i dati reali rispetto alle enormi rimesse di denaro fatte dai lavoratori stranieri verso l'estero nel periodo 2005-2015.
Immaginiamo oggi quanto stia defluendo verso l'estero in conseguenza dei bonus "edilizia"!!
Gli immigrati mandano 64 miliardi all’estero (impresalavoro.org)
Da questo la considerazione personale che un'applicazione della regola universale di diversificare maggiormente il portafoglio investimenti sarebbe consigliabile per l'immediato futuro in modo da ridurre il rischio di un beneficio insufficiente o minore rispetto a quanto sperato ottenibile investendo in maniera così prevalente in un settore.
10. Incentivare le assunzioni in un periodo di totale incertezza!?? Ecco come
03/06/2021
Le molteplici richieste di politiche di incentivazione delle assunzioni, per giunta a tempo indeterminato, nel periodo post-covid rischiano di concretizzarsi poco se le imprese italiane non hanno già stabilito di procedere a prescindere, in base a loro specifici piani strategici ed operativi.
Gi stimoli vanno sempre bene ma se non poggiano su ipotesi più o meno fondate di comportamento degli attori e dei meccanismi che stanno alla base di essi, si infrangeranno con un muro che si chiama realtà.
Iniziamo dal ricordare brevemente le assunzioni più semplici e più usate dagli analisti finanziari che portano i manager di un'azienda a fare degli investimenti di qualsiasi natura essi siano, senza entrare nelle nomenclature dei metodi, nei dettagli tecnici e nelle procedure di calcolo, che non sono di certo l'oggetto di questa dissertazione ma che ne rappresentano una premessa.
Quando il quadro futuro è incerto, un investimento viene intrapreso se l'entita' dei benefici prospettici è quella desiderata e se la probabilità media che essi si realizzino in quella misura è piuttosto alta.
Per dare un quadro un poco più indicativo accenniamo ad una tecnica molto comunemente usata che è quella che si concentra sui flussi di cassa attesi del progetto d'investimento.
I punti focali sono i seguenti:
1) Flussi di cassa complessivi positivi (e generalmente anche di una certa entità) che scaturirebbero dal progetto e relativi alla durata dello stesso a cui l'investimento si riferisce.
2) Probabilità che tale evento (cioè la positività dei flussi di cassa complessivi e in quella entità) sia alta.
Oggi in molti mercati di prodotti e servizi vi è una seria difficoltà di prevedere l'entità di dei flussi di cassa inerenti ad un investimento, sia per eccessiva dinamicità e volatilità degli stessi mercati, che tra le altre cose hanno barriere all'entrata di nuovi concorrenti quasi inesistenti nel contesto economico globale di oggi, sia per la difficoltà di assegnare una qualsiasi probabilità a ciascuno scenario futuro vista la crisi post-covid che aggiunge a una situazione preesistente già precaria un quadro di assoluta incertezza.
Cionondimeno, l'aspetto reddituale è sempre visto con molta attenzione, in particolare si guarda l'impatto del nuovo investimento a livello di intera azienda o anche su singole Business Unit.
Ad esempio il ROI (Return on Investment) e le sue conseguenti variazioni sono ancor di più un importante elemento decisionale nella pratica aziendale quando rappresentano un riferimento di valutazione delle performance dei manager e quindi presupposto della parte variabile della loro retribuzione.
Su questo ci torneremo a breve per introdurre la proposta oggetto di questo scritto.
Di fronte al quadro di incertezza sopra accennato anche l'imprenditore meno risk-adverse si guarderebbe dal sostenere qualsiasi costo legato all'assunzione di nuove risorse, tanto più se per un tempo indeterminato e quindi avente i requisiti di un vero e proprio investimento.
Qualunque sgravio concesso, ad esempio, dei contributi previdenziali a carico dell'impresa, sarebbe quasi completamente inefficace, specie in certi mercati, di fronte al rischio di accollarsi un costo senza che ci sia una sufficiente probabilità di una successiva "entrata" che lo copra.
Tra l'altro, detto ciò, qualsiasi agevolazione concessa anche con il bene placet degli imprenditori molte volte non tiene conto della scala gerarchica interna a ciascuna azienda che viene interessata quando si inizia una procedura di assunzione e di alcune delle "molle" che assumono rilievo a tal proposito.
Qualsiasi input realistico segue un percorso bottom-up (dal basso verso l'alto) nel senso che sono i manager di singole unità di business (intendendo dipartimenti o singoli centri di responsabilità), per conseguire determinati obiettivi ben "quantificati" e giustificati, a chiedere più risorse umane da coordinare.
A fronte di ciò, un altro elemento ben rilevante, come avviene per qualsiasi altro fattore produttivo, entra in gioco.
Si tratta del raggiungimento degli obiettivi di Business Unit nella massima economicità in caso di valutazione delle performance delle stesse unità di business e dei rispettivi manager in base ad indicatori economico-finanziari relativi, che sono la base dei bonus che verrebbero erogati.
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Avendo detto ciò, emerge vistosamente come nell'elaborare politiche governative che stimolino concretamente l'occupazione non si può prescindere, oltre che dalla reale situazione prospettica che viene percepita dalle imprese, anche dai meccanismi decisionali interni alle stesse organizzazioni.
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Quale soluzione concreta potrebbe esserci per rendere realmente incentivanti gli sgravi contributivi o qualsiasi altra "spinta" alle assunzioni a tempo indeterminato da parte delle aziende?
Ho individuato un meccanismo che se applicato ad un solo "livello" porterebbe le aziende ad azzerare o quasi il rischio dell'incertezza degli scenari futuri nell'assumere nuovo personale e che se applicato anche ad un altro "livello" stimolerebbe le assunzioni "a valore", intendendo per esse quelle rivolte alle risorse umane di qualità che, a prescindere dalla mansione, sono in grado di generare reddito o comunque vantaggio competitivo per l'impresa stessa.
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Se si desidera saperne di più o avere l'intero articolo, ecco i riferimenti:
Carlo Attademo
came71@libero.it; caronly@libero.it
Pagina Contatti del sito
9. La nona sinfonia: la nuova legge bancaria e perché - 14/10/2020
La crisi dell’Economia mondiale, aggravata drasticamente dalla pandemia del Covid19, ha messo alla prova i governi di diversi Paesi insieme alle istituzioni monetarie nazionali e sovranazionali, indotti ad immettere quantitativi di liquidità enormi per “sussidiare” un numero notevole di soggetti, sia individuali che collettivi, costretti a soste prolungate per i lockdown delle attività economiche posti in atto per motivi di tutela della salute pubblica.
La fonte di questa enorme liquidità è stata ed è ad oggi prevalentemente il ricorso massiccio al debito pubblico in forma assoluta o mista (nel caso del Recovery Fund elaborato dal Consiglio Europeo della UE).
In particolare in Italia prima o poi (più prima che poi) il costo del debito pubblico sarà insormontabile visto che le entrate statali da prelievo fiscale saranno minime a causa del livello minimo di PIL che si sta registrando e si registrerà e vista la non buona situazione economica di partenza Pre-Covid.
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E’ inevitabile, soprattutto in caso di ulteriori ondate della pandemia del Covid19 (già in atto alla data del 14 Ottobre 2020) che alimenteranno la necessità di “sussidiare” ancor di più. Tutto ciò provocherà una sorta di spirale senza fine con effetti drammatici.
Ci sarà presto la tentazione concreta (più che in passato) di stabilire un prelievo fiscale sui conti correnti, quantomeno i più sostanziosi.
Da qui deriva l’urgenza di scelte strutturali che proteggano l’economia e rendano di conseguenza meno imponente il ricorso al debito.
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Le soluzioni a mio parere consistono in una serie di misure, alcune con effetto già nel breve termine come quelle trattate in precedenti articoli a pagina “Economia ed altro” del sito http://www.thestrategiccontroller.com (tra cui, e non solo, il ricorso all’emissione di una seconda moneta complementare all’Euro), e nel ricorso a qualcosa che è già accaduto in passato di fronte a crisi di grande portata o comunque a giri di boa epocali e che produrrebbe effetti importantissimi nel lungo termine.
Ci si augura che il ricorso a tali figure sia il più “profondo” possibile onde evitare dei semplici accenni a misure che se non “complete” potrebbero essere solo inefficaci.
Quali sarebbero questi provvedimenti strutturali con effetti nel lungo termine?
In primis la rideterminazione del sistema bancario tramite apposita legislazione per la riduzione del ricorso al debito.
Che attinenza ha una nuova legiferazione sulle banche con il debito pubblico?
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L'intero articolo è online a pagina Shop
http://www.thestrategiccontroller.com/1/shop_4484367.html
8. Il counter effect del taglio delle imposte in epoca Covid
23/07/2020
Qualsiasi stimolo economico che voglia incidere sul comportamento e sulle abitudini/preferenze di acquisto degli individui non può prescindere dalla situazione contingente in un dato momento che va ad incidere sulle scelte personali.
Non sempre gli stessi stimoli hanno lo stesso effetto in tempi ed epoche diverse, per cui una politica dei redditi ad esempio volta ad ottenere in maniera indiretta uno stimolo alla domanda di beni e servizi, può sortire effetti diversi da quelli cercati se si prescinde dalla psicologia degli individui.
Quest'ultima è legata alla percezione in un dato "momento" di uno stato di cose che naturalmente può divergere da quella in un altro "momento" e che impatta il modo e la misura in cui si avverte un bisogno.
Gli interventi dei governi non tengono conto di ciò moltissime volte, ritenendo che i soggetti destinatari delle misure siano sprovvisti di un certo grado di razionalità e quindi di capacità di discernimento.
Ecco perchè le misure intese ad ottenere certi obiettivi nella realtà hanno effetti diversi da quelli attesi.
Per farla breve, gli economisti/consiglieri di ogni organo economico pubblico competente e con un certo grado di potere direzionale devono essere buoni psicologi e sapere leggere, anche prevedere, il comportamento della collettività, categoria o anche individui a cui si indirizzano certe misure in funzione del tempo in cui ci si muove.
Questa necessità è tanto più forte quanto più eccezionale il momento storico entro cui si sta agendo.
Quanto detto non è una novità nel modo più assoluto ma questo tema viene affrontato adesso perchè in Italia ci si sta avviando ad un programma importante di riduzione dell'IRPEF che potrebbe risultare vano.
Quali sono i motivi di questo "pessimismo"?
Il particolare momento storico che vede la pandemia del Covid19 incidere non poco sulla percezione di certi bisogni da parte degli individui e di conseguenza sull loro comportamento d'acquisto.
Questo impatto è maggiore nelle classi medie, intendendo per esse quelle i cui componenti non sono benestanti nel senso letterale della parole ma che non hanno grandi difficoltà a sostenere il carico di spese e "tasse".
Individuarle secondo un indice particolare non è di agevole determinazione in considerazione di molteplici fattori, non da ultimo la collocazione geografica, e tra l'altro non è compito della scrivente che vuole esporre il principio lasciando ai tecnici interessati il tentativo di "confinare" questa categoria.
Passiamo all'esposizione del ragionamento.
In altri contesti storici di non eccezionalità e con prospettive future non così volatili come quelle del contesto odierno un aumento del reddito disponibile per le classi medie si sarebbe tradotto in buona parte in un aumento degli acquisti del singolo e/o del nucleo familiare collegato, avendo di conseguenza un moltiplicatore monetario, per ogni unità di euro aggiuntiva resa disponibile, importante.
Questo si tradurrebbe in un beneficio a cascata per l'economia della collettività interessata, nonchè per le casse dello Stato che vedrebbe aumentate le sue entrate fiscali.
Veniamo ad oggi.
La prospettiva di un ritorno della pandemia e la paura che ingenera per quello che comporta (lockdown e timore di perdita del lavoro, spese mediche eventualmente necessarie, nuove tasse per affrontare l'emergenza sanitaria, ecc...) spingono chi ha un reddito sufficiente ad astenersi da quelle che gli appaiono al momento spese non necessarie.
Questo comporta un effetto diverso da quello desiderato con una riduzione delle imposte, cioè a dire l'aumento in una certa misura della domanda dei beni con i consueti benefici a cascata per l'economia della collettività interessata non si avrebbe (a meno che l'entità dell'agevolazione non sia "consistente").
La contrazione agirebbe per due vie.
La prima diretta, nel senso che il maggior reddito immediatamento disponibile o in busta paga o per minori imposte versate conseguenti entrambi alle minori aliquote e/o maggiori detrazioni non verrebbe speso nella misura sperata.
La seconda indiretta, consistente nel fatto che gli esercenti una qualsiasi attività imprenditoriale rientranti nella classe "media" di reddito, a cui perviene una quota leggermente maggiore di ricavi come conseguenza del lieve aumento dei consumi di beni e servizi per riduzione delle imposte ai "clienti", tratterebbero in buona parte i "lievemente" maggiori introiti senza metterle a loro volta in circolazione e riducendo così l'entita del famigerato moltiplicatore monetario.
Addirittura vi sarebbe un aumento dei risparmi privati nella forma dei depositi babìncari e postali, il che potrebbe tentare nel futuro, in seguito al mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati i governanti ad imporre un prelievo dai conti correnti di una certa giacenza media.
Cosa fare allora in epoca Covid per sostenere la domanda di beni e servizi?
Occorre concentrarsi su chi non ha lavoro o chi l'ha perso, sostenendo ancor di più il finanziamento degli ammortizzatori sociali e sussidiando chi non ha lavoro maggiormente, sia allargando al platea che l'ammontare del sussidio, e riducendo le imposte solo ai redditi bassi.
Questo consentirà di tenere un certo livello dei consumi in un'epoca dove chi ha un buon potere d'acquisto non lo modificherà (diversamente da altri momenti) e chi ne ha poco di contro lo userà notevolmente (come sempre).
Ergo, le riduzioni delle imposte ai ceti medi in questo momento storico sono poco efficaci per aumentare in primis i consumi e rappresentano impiego di risorse con scarso valore aggiunto.
Risorse che dovrebbero essere investite in altre direzioni.
7. Come affrontare senza ricorso al debito la crisi economica per l'emergenza CO
COME AFFRONTARE SENZA RICORSO AL DEBITO LA CRISI ECONOMICA PER L’EMERGENZA CORONAVIRUS
18/04/2020
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